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Patriottismo
costituzionale La Grande Riforma Il
patriottismo costituzionale a cui il professor Cassese rende omaggio
nell’editoriale del “Corriere della Sera” di oggi, è merce piuttosto rara
negli ultimi vent’anni di storia repubblicana. Dal 1993 ad oggi, il
cambiamento del sistema parlamentare è purtroppo sempre avvenuto per quelle
“vie traverse” che Cassese avrebbe voluto evitare. Non è forse stata una
modifica profondissima della Costituzione l’introduzione del sistema
elettorale maggioritario, dal momento che le coalizioni si formano prima del
voto e non dopo, in Parlamento? E quando gli italiani si sono ritrovati il
nome del candidato premier sulla scheda elettorale, non si è esautorato il
ruolo del Capo dello Stato a cui spetta nominare il presidente del Consiglio?
Cassese parla di sole 15 modifiche in 70 anni di vita della Repubblica, meno
di quante ne sono state fatte in Germania. Eppure basta la soppressioni dei
primi due commi della tredicesima norma transitoria relativi alla presenza
dei Savoia in Italia per rovesciare l’intera Repubblica dalle sue fondamenta.
Visto cosa pensa Emanuele Filiberto dei partigiani, se domani i Savoia
facessero un partito e vincessero le elezioni, ecco che la Repubblica sarebbe
soppressa un secondo dopo il risultato delle urne alla faccia dell’articolo
139. La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale, ma lo può essere per un’elezione. Possibile che non ci sia
stato un costituzionalista in Italia capace di spiegare che le norme
transitorie non fossero norme transitabili e meno che mai transitate?
Tralasciamo le modifiche dell’articolo 68, poste alla base del conflitto
permanente fra giustizia e politica. Nonostante Craxi, sia defunto esule e
Berlusconi non sia più nemmeno senatore, quel conflitto si è persino
aggravato. Per cui non c’è dubbio, che la fiducia della sola Camera dei
deputati al governo, prevista dalla Riforma Renzi, come scrive Cassese, non
crei particolari drammi al sistema parlamentare. Li abbiamo già vissuti tutti
questi drammi, tanto che per correggere tutte le storture intervenute sul
dettato costituzionale, la sola riforma di Renzi non basta. Questa è una
piccola riforma, quando ne servirebbe una capace di investire direttamente la
stessa forma dell’ordinamento dello Stato. Quella che si chiama Grande
Riforma. Roma, 6
maggio 2016 |
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